Poco tempo fa è stato il compleanno di mio suocero e tutta la famiglia è stata coinvolta in una ricerca di foto e ricordi per allestire un bell'album di famiglia.
Da queste ricerchè è uscito fuori un tema davvero spassoso che mio suocero scrisse all'età di soli 12 anni. Se avete qualche minuto vi consiglio vivamente di leggerlo. E' così ricco di particolari, che sembra di essere lì con lui mentre osserva queste sarte. Per niente interessato al loro lavoro, giustamente coglie tutti gli aspetti che lo circondano con una vena molto umoristica.
Un saluto
D.
Bisogna innanzitutto notare che mia madre ha la bellezza di 4 sarte che appartengono per così dire a due categorie: la prima, quella delle "sartine a poco prezzo" così chiamata perchè si fanno pagare una miseria; la seconda, quella delle sarte vere e proprie. Vi è poi una di queste sarte che fa categoria a se perchè pur venendo a casa è una vera sarta ed è detta la "sarta della bambina" (mia sorella). E' in altre parole un incrocio, non canino sebbene ne abbia la faccia, fra le sarte e le sartine.
La "sartina a poco prezzo" credo che esista in ogni casa, e di solito è per così dire "standard": bassetta, sui sessant'anni, capelli grigi raccolti sulla nuca, non troppo grassa nè troppo magra, vestita quasi sempre di nero. Nel nostro caso è appunto di questo tipo ed è, fate attenzione, una ex-coinquilina di un'amica di mia madre. Viene di solito ogni 15 giorni verso le tre del pomeriggio e la stanza a lei destinata è purtroppo la mia camera che la sera si riduce un vero lago di pezze, pezzuole di ogni genere, fili di ogni colore, rocchetti vuoti, spilli ed altri aggeggi. Appena arriva mia sorella si elettrizza e cerca di cucire camicette e mutandoni per i suoi innumerevoli bambolotti ma normalmente non vi riesce e butta tutto all'aria accrescendo così la montagna di pezzami che già si trova per terra. La nostra sartina a poco prezzo è adibita a lavori di rammendo e di cucito, mansioni, lo devo riconoscere, che svolge con pazienza certosina. Ma sebbene sia suocera mi è molto simpatica forse per la sua parlata umbra che somiglia molto a quella del "Sor Clemente".
Tutt'altro che simpatica era invece un'altra sartina di quelle sempre a poco prezzo che venne poi sostituita da quella che abbiamo ora. Si chiamava Nicoletta e questo nome le stava proprio a pennello perchè era un po' piccolina. Restava tutto il giorno, mangiava in cucina e la sera si portava via la cena in una pentola di alluminio molto simile ad un bollilatte. Era taciturna, mentre quella che abbiamo ora è completamente l'opposto, loquace cioè più del necessario. Questa Nicoletta emigrò poi in America; di lei ho forse detto poco ma son cose queste di 5 o 6 anni fa e non posso quindi ricordarle molto bene.
Parlerò ora della "sarta della bambina" quella che ho definito un incrocio. Si chiama Anita e viene una volta ogni sei mesi ma in quell'unico giorno che viene si rifà di tutto il tempo trascorso facendoci patire le pene dell'inferno. Arriva alle undici del mattino, fa colazione, si riposa e così si fa l'ora di pranzo, mangia di nuovo, si riposa ancora e finalmente comincia il lavoro effettivo alle 4 del pomeriggio e come se non bastasse si lamenta! Facessero tutti una vita simile! Si lamenta del lavoro, della vista, del suo stomaco e, unica cosa su cui le do ragione, della sua vecchiaia, si lamenta ed invoca con voce lamentevole tutti i Santi: "Oh Sant'Antonio mio, Sant'Antonio bello" e son sicuro che di lassù Sant'Antonio se la spassa un mondo dicendo fra sè: "Fossi fesso a credere a quella zitellaccia". Quando mi vede, questa zitella mi dice con voce nasale (poichè il naso che è così lungo le serve oltre tutto anche per parlare): "Dio mio, come ti sei fatto grande!!! Eh, che è?". Questa è una cosa che non mi va giù e forse per farle togliere il vizio le dovrò dire la prossima volta che la vedo: "Dio mio, signorina, come si è fatta grande!!! Eh, che è?". Spero lo capirà. Ma lasciando perdere le critiche, se no c'è pericolo che vada dritto dritto in tribunale che di certo mi assolverà dopo aver visto chi criticavo, devo riconoscere che è molto brava e sa usare molto bene i termini redignote, plissettatura, nido d'ape, parole per me piene di poesia e di mistero. E' la sarta di mia sorella da quando è nata, non lei, mia sorella, e a questo proposito ricordo le prime vestine con la cinta sotto alle ascelle, e alte sopra al ginocchio; ora però è un anno quasi che non viene più in casa e son certo che non verrà più, quasi me ne dispiace, perchè mia sorella è passata alla seconda categoria, quella per intenderci delle vere sarte.
In questa categoria vi sono due gradi, uno quello della sarta "buona", l'altro quello della sarta a cui si fanno fare i vestiti andanti e quelli per i bambini. Quest'ultima è conosciuta in famiglia sotto il noem di "quella che ha il laboratorio a Piazza Fiume".
Passerò ora a descrivere la supersarta, quella cioè del primo grado. Abita molto lontano in una vecchia casa vicino al Ponte Garibaldi; questa distanza innervosisce in modo terribile mio padre che è costretto ad accompagnare in macchina mia madre per le prove e giustamente condivido la sua idea di scegliere una sarta più vicina. Ma perchè lui che predica tanto ha il sarto al quartiere Appio, il camiciaio sulla Via Ostiense ed il meccanico al Nomentano? Mistero.
Al posto di questa sarta anticamente ve n'era un'altra che abitava anch'essa lontano, a S.Giovanni, e che ricordo solo perchè una volta che andai a casa sua mi fece giocare con gli spilli e la calamita.
Vi è ora la quarta ed ultima sarta che recentemente ha fatto, son parole di mia madre, un cappottino che è un'amore e poi per poco. Presenta però l'inconveniente che abita lontano e non ha telefono, ma dal punto di vista economico è molto modesta perchè vuol farsi le clienti, e le sarte modeste sono irresistibilmente simpatiche a mia madre. Per chi non capisse cosa significhi l'attributo di modesta datole dirò che con questa parole si vuol intendere una sarta che non pretende molto. Ha poi un altro inconveniente, quello cioè di non avere i figurini e questa è una vera disgrazia perchè, quando le si fa fare un vestito, tutta la famiglia collabora con suggerimenti ed idee o in via del tutto eccezionale si comprano delle riviste come "Marie Claire" e simili. Così prendendo un po' di qui e un po' di là si tira fuori il vestito creato dalla nuova "Casa di moda XXX & Figli".
E qui è terminata la rassegna delle sarte che aggiornerò non appena se ne aggiungerà qualche altra, cosa che vorrei non succedesse, perchè se no... diverrò anch'io un sarto e lancerò per vendicarmi la nuova "linea Z".
mercoledì 5 maggio 2010
Le sarte di mia madre - 1952
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